Ricorso ex art.  127  Cost.  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege  dall'Avvocatura
generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei  Portoghesi
n. 12, e' domiciliato per legge. 
    Contro la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in persona  del
Presidente in carica, con sede a Trieste, Piazza Unita'  d'Italia,  1
per  la  declaratoria  della  illegittimita'  costituzionale   giusta
deliberazione del Consiglio dei ministri  assunta  nella  seduta  del
giorno 28 luglio 2016,  dell'art.  1,  comma  3,  della  legge  della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 1° giugno 2016, n. 9  -  nella
parte in cui  aggiunge  il  comma  10-ter  all'art.  36  della  legge
regionale 31 marzo 2006, n. 6 - pubblicata nel  Bollettino  ufficiale
della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 23 dell'8 giugno 2016, come da
delibera del Consiglio dei ministri assunta nella seduta  del  giorno
28 luglio 2016. 
 
                          Premesse di fatto 
 
    In data 8 giugno 2016, sul n. 23 del Bollettino  ufficiale  della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e' stata pubblicata  la  legge
regionale 1° giugno 2016, n. 9,  intitolata  «Modifiche  all'art.  36
della legge regionale 6/2006, in materia  di  operatori  del  sistema
integrato di interventi e servizi sociali». 
    La legge consta di un solo articolo che interviene  sull'art.  36
della legge regionale  31  marzo  2006,  n.  6,  intitolata  «Sistema
integrato di interventi e servizi per la promozione e la  tutela  dei
diritti di cittadinanza sociale», del quale sostituisce ed integra in
varia guisa il contenuto. 
    In particolare, e per quanto qui interessa, il comma 3  dell'art.
1 della legge n. 9/2016 aggiunge alcuni commi -  e,  tra  questi,  il
comma 10-ter, che con il presente atto si impugna - all'art. 36 della
l.r. n. 6/2006, disposizione facente parte del Capo VII della  legge,
intitolato  «Risorse  umane»,  e  rubricata  «Operatori  del  sistema
integrato». 
    Tra i commi  aggiunti,  il  comma  10-ter  eccede  le  competenze
legislative regionali, invade quelle statali ed e' percio'  violativo
di previsioni costituzionali: esso viene pertanto  impugnato  con  il
presente ricorso ex art. 127 Cost. affinche'  ne  sia  dichiarata  la
illegittimita' costituzionale e ne  sia  pronunciato  il  conseguente
annullamento per i seguenti. 
 
                          Motivi di diritto 
 
    Come s'e' detto in  premessa,  l'art.  1  della  legge  regionale
Friuli-Venezia Giulia n. 9/2016 - d'ora in avanti, per  brevita',  la
legge - interviene sull'art. 36 della legge regionale n. 6/2006. 
    In particolare, il comma 3 aggiunge,  tra  gli  altri,  il  comma
10-ter  il  quale  stabilisce  quanto  segue:   «Nelle   more   della
predisposizione di un piano  di  riqualificazione  professionale,  da
adottarsi ai sensi del comma 7 entro centottanta giorni dalla data di
entrata in vigore della legge regionale 9/2016, sono inclusi tra  gli
operatori che possono svolgere le funzioni previste dal  decreto  del
Ministro della sanita' 8 ottobre 1998, n. 520 e le attivita'  di  cui
al decreto del Ministro dell'universita' e  della  ricerca  16  marzo
2007 per la classe di  laurea  in  scienze  dell'educazione  e  della
formazione, gli operatori in possesso di diploma di  laurea  anche  a
indirizzo non educativo che, alla data del 31 dicembre 2015,  abbiano
maturato almeno due anni di esperienza lavorativa  nello  svolgimento
di tali funzioni e attivita' nell'ambito del sistema integrato e  nei
servizi di cui ai commi 1 e 1-bis» (enfasi aggiunta). 
    La disposizione regionale in esame, cosi' come formulata, estende
dunque la possibilita' di svolgere le  funzioni  di  cui  al  decreto
ministeriale 8 ottobre 1998, n. 520 - «Regolamento recante norme  per
l'individuazione della figura e del  relativo  profilo  professionale
dell'educatore professionale, ai sensi  dell'art.  6,  comma  3,  del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 - anche  agli  operatori
in possesso del diploma di laurea ad indirizzo «non educativo» e  che
abbiano maturato, entro il 31  dicembre  2015,  almeno  due  anni  di
esperienza  lavorativa   nello   svolgimento   di   quelle   funzioni
nell'ambito del sistema integrato di interventi e servizi sociali. 
    Ma, cosi' disponendo,  la  norma  regionale  in  esame  viola  le
disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 dello Statuto  della  Regione
autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  e,  nel  contempo,  contrasta   con
principio fondamentale  della  legislazione  statale  in  materia  di
formazione del personale sanitario stabilito dal decreto ministeriale
8 ottobre 1998, n. 520 in attuazione di quanto al  riguardo  previsto
dall'art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30  dicembre  1992,  n.
502, ledendo, sotto questo riguardo, il precetto di cui all'art. 117,
comma 3, Cost.. 
    Com'e' noto, l'art.  1  della  legge  23  ottobre  1992,  n.  421
delegava il Governo ad emanare uno  o  piu'  decreti  legislativi  al
fine, tra l'altro, di  prevedere  nuove  modalita'  di  rapporto  tra
Servizio sanitario nazionale ed universita' sulla  base  di  principi
che,  nel  rispetto  delle  attribuzioni  proprie   dell'universita',
regolassero l'apporto all'attivita' assistenziale delle  facolta'  di
medicina,  secondo  le  modalita'  stabilite   dalla   programmazione
regionale in analogia  con  quanto  previsto,  anche  in  termini  di
finanziamento, per le strutture ospedaliere (lett. o): nell'ambito di
tali modalita', avrebbe  dovuto  essere  altresi'  «regolamentato  il
rapporto tra Servizio  sanitario  nazionale  ed  universita'  per  la
formazione in ambito ospedaliero del personale  sanitario  e  per  le
specializzazioni post-laurea». 
    In attuazione di tale disposizione l'art. 6, comma 3, del decreto
legislativo  delegato  n.  502/1992,  dopo  aver  stabilito  che  «la
formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico  e  della
riabilitazione  avviene  in  sede  ospedaliera  ovvero  presso  altre
strutture del Servizio  sanitario  nazionale  e  istituzioni  private
accreditate», demandava ad un  decreto  del  Ministro  della  sanita'
l'individuazione delle figure professionali da formare ed i  relativi
profili e a un decreto del Ministro dell'universita' e della  ricerca
scientifica e tecnologica, da emanarsi di concerto  con  il  Ministro
della sanita', la definizione del relativo ordinamento didattico: per
tali finalita' e per l'espletamento dei relativi corsi le  regioni  e
le universita'  avrebbero  dovuto  attivare  appositi  protocolli  di
intesa. 
    A tanto si e' provveduto, per quanto rileva nella presente  sede,
con il decreto ministeriale n. 520/1998 il quale  ha  individuato  la
figura  e  il  profilo  professionale  dell'educatore   professionale
determinandone i compiti - consistenti nell'attuazione  di  specifici
progetti  educativi  e  riabilitativi,  nell'ambito  di  un  progetto
terapeutico elaborato da un'equipe  multidisciplinare,  volti  a  uno
sviluppo    equilibrato    della    personalita'    con     obiettivi
educativo/relazionali in un contesto  di  partecipazione  e  recupero
alla  vita  quotidiana  e  nella  cura  del  positivo  inserimento  o
reinserimento psico-sociale dei  soggetti  in  difficolta'  (art.  1,
comma  1,  decreto  ministeriale  citato)  -  e  stabilendo  che  «La
formazione dell'educatore professionale avviene presso  le  strutture
sanitarie  del  Servizio  sanitario  nazionale  e  le  strutture   di
assistenza  socio-sanitaria  degli  enti  pubblici  individuate   nei
protocolli d'intesa fra le regioni e le universita'.  Le  universita'
provvedono alla formazione  attraverso  la  facolta'  di  medicina  e
chirurgia in collegamento con le facolta' di psicologia, sociologia e
scienza dell'educazione» (art. 3). 
    A seguito delle modifiche al regolamento sull'autonomia didattica
degli atenei -  decreto  ministeriale  3  novembre  1999,  n.  509  -
apportate dal decreto ministeriale 22 ottobre 2004, n. 270 sono stati
percio' attivati, presso le facolta' di medicina e chirurgia, i corsi
di laurea in educatore professionale - classe L/SNT2. 
    Per  effetto  delle  riportate  disposizioni  la   qualifica   di
educatore   professionale   sanitario   spetta   dunque    unicamente
all'operatore che abbia conseguito un diploma di laurea triennale  in
educatore  professionale  abilitante   all'esercizio   dell'attivita'
sanitaria-classe  L/SNT2  -  classe  delle  lauree   in   professioni
sanitarie  -  presso  la  facolta'  di  medicina   e   chirurgia   in
collegamento con le facolta'  di  psicologia,  sociologia  e  scienze
dell'educazione. 
    Piu' precisamente, il titolo di educatore professionale spetta  a
coloro che siano in possesso di diploma di laurea triennale  o  di  I
livello in educatore professionale sanitario, afferente  alla  classe
n.  2  delle  lauree  universitarie  delle  professioni  sanitarie  -
professioni sanitarie della riabilitazione  -,  ovvero,  ma  qui  non
interessa, di diploma di laurea triennale o di I livello in educatore
professionale,  afferente  alle  classe  delle  lauree   di   scienze
dell'educazione e della formazione - Educatore professionale sociale,
educatore nido, formatore continuo. 
    Per  quanto  qui  rileva,  con  il  conseguimento  della   laurea
triennale, che, come s'e' detto, e'  abilitante  all'esercizio  della
relativa professione, l'educatore professionale diventa a  tutti  gli
effetti un professionista sanitario la cui competenza e il cui ambito
di intervento e' delineato e fissato dal citato decreto  ministeriale
n. 520/1998. 
    Si tratta, com'e' evidente, di disposizioni di principio  dirette
a garantire, in via immediata, un'adeguata  formazione  e  competenza
professionale  degli  educatori  professionali  sanitari  e,  in  via
mediata, la tutela della salute. 
    L'art. 1, comma 3, della legge regionale 1° giugno 2016, n.  9  -
nella parte qui censurata - consente invece di svolgere  le  funzioni
di educatore professionale sanitario anche ad operatori  in  possesso
di diploma di laurea ad  indirizzo  «non  educativo»  e  che  abbiano
maturato, entro il 31 dicembre 2015, almeno due  anni  di  esperienza
lavorativa negli ambiti di cui ai commi 1 e 1-bis dell'art. 36  della
l.r. n. 6/2006. 
    Senonche', la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia non  dispone
di competenza legislativa esclusiva in materia - v.  l'art.  4  dello
Statuto speciale approvato con l. cost. 31 gennaio 1963, n. 1 - e  la
competenza legislativa concorrente in materia di igiene e sanita'  ed
assistenza sanitaria ed ospedaliera deve svolgersi «in armonia con  i
principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato nelle singole
materie» - v. art. 5 dello Statuto. 
    Da tanto consegue che la norma  regionale  che  qui  si  censura,
estendendo la possibilita'  di  svolgere  le  funzioni  di  educatore
professionale sanitario di cui al decreto  ministeriale  n.  520/1998
anche ad altre figure professionali che non possiedono i requisiti  e
i titoli di studio richiesti dal menzionato decreto ministeriale  per
lo svolgimento di tali funzioni sanitarie, viola, per  un  verso,  le
richiamate  disposizioni  statutarie  che  fissano  e  delimitano  le
competenze legislative regionali; e, per un altro, contrastando con i
principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela
della salute contenuti nella normativa statale sopra richiamata (art.
6, comma 3, del  decreto  legislativo  n.  502  del  1992  e  decreto
ministeriale n. 520 del 1998), lede il precetto di cui all'art.  117,
comma 3, della Costituzione.